19 ottobre 2009

Senza parole

Devo ammetterlo.
Non riesco più a scrivere post sulla situazione della scuola.
Non che non ci sia nulla di cui scrivere... anzi!
Lo sconforto ha preso il sopravvento. Non credevo che ciò avrebbe mai potuto verificarsi.
I recenti interventi normativi hanno ormai chiuso con la storia della scuola così come l'ho conosciuta per quasi quarant'anni.
Non mi sembra però che sia nato qualcosa di veramente innovativo.
L'impressione è che il passato, nel bene e nel male, è ormai strangolato, mentre il futuro è semplicemente annunciato a colpi di comunicati e conferenze stampa.

I fatti sono quelli con cui facciamo i conti ogni giorno.
La mia scuola non può nemmeno permettersi il lusso di comprare poche cose che servirebbero per la normale manutenzione. La proclamata valorizzazione del merito si traduce nel mancato pagamento della remunerazione alle "funzioni obiettivo" (dello scorso anno scolastico!).

Sono stato contattato da una giovane ricercatrice di Roma, incaricata di un importante progetto didattico. Aveva la necessità di recuperare materiali di normalissima disponibilità per un operatore del settore. Era evidente che poteva essere definita come "sprovveduta".
Le ho scritto che avevo proprio il pallone che serviva a lei ma che non lo avrei concesso per starmene fuori campo a veder giocare gli altri. Ovviamente non ho più avuto risposta.

Le nuove indicazioni nazionali (programmi scolastici) vengono elaborati nascostamente con la consegna del segreto.

Ecco la domanda numero nove da "le Dieci Domande alla Gelmini"...

9. Lei non pensa che i programmi, i curricoli, i progetti più significativi per elevare la qualità culturale della nostra scuola dovrebbero essere il frutto di una elaborazione condivisa, trasparente, qualificata, in dialogo permanente con le comunità scientifiche, professionali, il mondo della scuola? Lei sa che di molti gruppi, commissioni di studio, consulenti, “esperti” che operano per progettare il futuro della scuola non è dato di sapere nome, qualifica, provenienza?

La condizione di delusione, frustrazione e disarmata rassegnazione a cui sembrano condannati docenti di lungo corso e precari è drammatica.

Il passato appare irrimediabilmente demolito, tanto in ciò che andava certamente cambiato quanto in ciò che funzionava.
Il futuro appare in balia di fumose promesse ed improvvisazione.

Ho sempre detto alle ragazze ed ai ragazzi delle mie classi che faccio l'insegnante per divertirmi.
Loro continuano a divertirmi, ma questa scuola mi sta lasciando senza parole mentre sento lo sconforto crescere.

3 commenti:

Renata ha detto...

Ma non mollarre, per carità. Non farlo !
E l'esclamazione "per carità" non è discorsiva! Sa di preghiera per l'amore che ti lega ai tuoi ragazzi, ai nostri ragazzi.
E' ben motivata la delusione tua e di tutti.Ma...non mollare. e ancora una volta grazie a te e agli educatori appassionati come te.

educatore ha detto...

Non sto decidendo di mollare. Ho deciso di cambiare scenario. Finora mi sono occupato dei piccini. Ora voglio passare a produrre cultura cambiando livello, con l'intenzione di raggiungere un decisivo miglioramento del rapporto costi/benefici. So di potermi profittevolmente dedicare a qualcosa di diverso che insegnare a fare un segnetto con la matita ogni centimetro, scrivere in stampatello minuscolo o alzare la mano prima di intervenire in classe.

Renata ha detto...

Ecco ! Un bellissimo modo di intensificare, anziché mollare.

Il mio parere, del tutto insignificante, lo esprimo (comunque) con un fragoroso applauso.

Il programma, lascia intendere che il campo di semina sarà produttivo e gratificante. Incrocio le dita.