26 novembre 2009

Come comportarsi con l'ipovedente grave e cieco…

FAQ per l'interazione con i non vedenti

Contributo di informazione per docenti, educatori, personale scolastico…

Per comprendere cosa significa realmente essere ciechi dalla nascita non basta chiudere gli occhi. Bisognerebbe dimenticarsi di come è fatto un bicchiere, come funziona un ascensore, come si compone un numero telefonico, come si usa la cucina a gas e di milioni di altre immagini mentali che aiutano un vedente a vivere in modo semplice.
È quindi importante rendersi conto della diversità tra chi è cieco dalla nascita e chi lo diventa in seguito a incidente o malattia. Se il secondo caso, per molti versi, è più traumatico, nel primo occorre trovare la capacità di inventarsi un mondo intero. Ignora forme e colori e deve servirsi di tutti gli altri sensi per potersi orientare nell'ambiente che lo circonda.

Il cieco non può, per esempio, leggere in uno sguardo o interpretare un gesto. Non gli servono né i "qui" né i "là", non può scorgere né un cenno del capo né un sorriso, non vede da che parte si apre una porta. Riconosce le scale solo dal basso verso l'alto e se devono scendere una rampa fanno fatica a trovare il primo gradino. E poiché la loro menomazione spesso non è evidente, molte volte non viene presa in considerazione.
Chi è privo della vista ha spesso difficoltà a partecipare a colloqui, in quanto non sa a chi si deve "rivolgere". Se non conosce la ragione per cui attorno a lui si ride, diventa insicuro. In poche parole, il cieco ha sempre bisogno di spiegazioni.
Per tutti questi motivi nei ciechi gli altri sensi si sviluppano maggiormente e meglio. Con l'andar del tempo il cieco acquista, per esempio, un'eccellente sensibilità tattile (chi però si lascia toccare volentieri?) o una particolare percezione dei rumori. Nella maggior parte dei casi riconosce la gente soltanto dalla voce. Alcuni semplici suggerimenti che possono facilitare il rapporto con i non vedenti:

  • Avvicinandovi a un non vedente fatevi notare per tempo. Tenete presente che non vi vede e neppure vi conosce. Ditegli quindi anzitutto chi siete, in quanto desidera sapere a chi affidarsi senza timori.
  • Per guidare un cieco non lo si dovrebbe mai prendere per un braccio. Offritegli sempre il vostro braccio che afferrerà al di sopra del gomito. In tal modo non occorrerà suggerirgli la direzione: con la vostra guida si orienterà subito. Lo si dovrà precedere soltanto in punti stretti.
  • Non dimenticate che non può vedere un sorriso o un cenno del capo. Dovete perciò parlargli.
  • Quando sta per attraversare una strada avvertitelo sempre; così anche quando sta per lasciare o raggiungere un marciapiede.
  • Quando vi allontanate mai senza aver preso commiato. È per lui penoso accorgersi di parlare a una persona che nel frattempo si è allontanata.
  • Non seguitelo mai con l'intenzione di aiutarlo in caso di necessità. Egli percepisce la vostra presenza e si sente a disagio.
  • Per aiutare un non vedente a salire su un mezzo di trasporto pubblico basta mettergli una mano sulla maniglia o sul corrimano e avvisarlo se un gradino è particolarmente alto. Trattandosi di una scala, fategli notare il primo e l'ultimo gradino.
  • Se desiderate offrirgli un posto a sedere, fategli poggiare semplicemente una mano sullo schienale della sedia. Trattandosi di una poltrona, occorre accompagnare la mano al bracciolo e precisare da quale parte è la poltrona stessa.
  • Quando deve salire su un automobile, indicategli sempre la parte anteriore e quella posteriore della vettura. Fategli quindi posare una mano sul bordo superiore della portiera aperta. Con l'altra il cieco si orienterà, toccando il tetto della vettura, poi prenderà posto.
  • Se dovesse aver perso l'orientamento, elencategli semplicemente ciò che gli sta davanti, dietro, a destra e a sinistra.
  • Porgete il vostro aiuto solo se espressamente richiesto.
  • Trovandovi a tavola con un non vedente chiedetegli se potete essergli d'aiuto. Spiegategli che cosa c'è nel piatto e come sono disposti i cibi sull'esempio di un quadrante d'orologio. Così gli potrete per esempio dire: i legumi sono sulle ore 6, la salsiccia sulle ore 10, e così via. Indicategli dove si trova il bicchiere e non riempiteglielo troppo. Se fuma, porgetegli un portacenere.
  • Nel dargli qualcosa, chiamatelo per nome o toccatelo leggermente.
  • Per i ciechi e i deboli di vista l'ordine è molto importante. Ogni cosa ha il suo preciso posto. Nella loro abitazione rimettete sempre al loro posto gli oggetti usati. I bidelli devono sapere che tutto nell'aula deve mantenere sempre lo stesso posto (cestino, banchi…)
  • Se in un locale, cui sono abituati, viene spostato un oggetto, devono saperlo.
  • Se li aiutate a togliersi un abito o a posare lo zainetto, dite sempre dove lo posate o l'appendete.
  • Se volete leggere qualcosa a un non vedente elencategliene dapprima i titoli.
  • Ai ciechi parlate sempre con la massima naturalezza e il tono di voce abituale.
  • evitare di guidare prendendo per mano perché questo no fornisce indicazioni sul movimento che state per fare. Abituarsi a porgere il braccio e non insistere per aiutare.
  • Evitare che in classe il livello di rumore si alzi. Chi non vede usa l'udito per percepire tutto quello che gli succede intorno.

25 novembre 2009

Il mio primo giorno di scuola in una classe con non vedente

Il caso mi ha condotto a cercare qualcosa che ho scritto ormai dieci anni fa.
Sono felice di avere ritrovato questo pezzo, per tanti versi superato, ma ancora carico di emozioni.
Lo ripropongo perché può dare qualche spunto ai docenti che si troveranno ad iniziare la sfida e l'avventura di un anno scolastico con una classe in cui c'è un ipovedente grave o un non vedente.

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16 Settembre 1999

Sono un insegnante di educazione tecnica e mi preoccupo di perseguire, oltre alla necessaria formazione tecnologica, il massimo grado di promozione dei valori umani e delle specifiche abilità individuali.
Sono convinto che il modo migliore per inquadrare tutta l'attività educativa del triennio intero sia quello di fornire immediatamente agli allievi un modello di riferimento iniziale che si proponga con forza e immediatezza. Chiamo questa di primo contatto "IMPRINTING", richiamandomi al fondamentale rilevo che, negli animali appena nati, ha il contatto con il genitore. I primi istanti di relazione tra educatore ed allievi sono, secondo me, straordinariamente importanti, in quanto in grado di condizionare i successivi sviluppi dell'interazione. Ho quindi sempre curato con un'attenzione particolare i primi giorni di attività in classe.

Dall'anno scorso ho sviluppato un "modello di approccio classi prime" che mi serve per svolgere la prima ora di lezione nelle classi prime. Quest'anno, in una delle mie classi, mi sono trovato di fronte a un problema che richiede di reinventare molte delle mie abituali proposte educative. Mi trovo infatti ad operare in una classe in cui è inserita un'allieva quasi completamente cieca e senza supporto di nessun'altra assistenza personale aggiuntiva. Non conosco personalmente la bambina ma ho studiato tutta la documentazione con cui è giunta della elementari. Non è stato finora possibile incontrare i genitori... La malattia ha portato la bambina a perdere presso che totalmente la vista nell'arco di poco più di un anno; ciò lascia intuire quali siano le problematiche psicologiche che ciò comporta. Ho quindi riformulato il mio modello di contatto per arricchire l'intervento in modo che potesse risultare utile in una situazione come questa. Ovviamente tutta l'azione viene dettagliatamente verbalizzata, in modo da consentire a chi non è in grado di vedere di capire perfettamente cosa succede.
Ecco una sintetica descrizione di quello che accade...

Mi fermo sulla soglia della classe.
Attendo il silenzio preoccupato e curioso.
"Sono il vostro insegnante di educazione tecnica e mi sono fermato sulla porta. Mi aspetto che vi alziate in piedi"
I ragazzi si alzano dalle sedie. Per loro è essenziale capire rapidamente con chi hanno a che fare e come si devono comportare per sopravvivere scolasticamente. I ragazzi sanno che dovranno sviluppare rapidamente un soddisfacente adattamento con figure di docenti che ancora non conoscono. Qualcuno comincia a preoccuparsi per un 'insegnante che si propone in modo così formale.
"OK! In piedi! Facciamo questa ispezione!"
Si alzano e si mettono su un "quasi attenti"

Entro e passo tra i banchi guardandoli uno per uno.
"sto passando tra i banchi per conoscere i miei nuovi allievi di prima A, vedo che ci sono un sacco di facce simpatiche e intelligenti, mi aspetto di fare grandi cose insieme a voi... Ho letto le presentazioni con cui siete arrivati dalla quinta elementare. So che siete tutti, ciascuno a suo modo, dei ragazzi in gamba.."
Il giro prosegue e continuo a parlare in modo che si possa sempre rilevare la mia posizione, il tono di voce e la carica emotiva della comunicazione.
Torno davanti alla cattedra (che non userò per tutti i primi giorni).
Sempre col massimo del sorriso e della serenità, ma con grande decisione
chiedo:
"Voglio sapere se siete pronti a volare".

Volare sta nel cuore di tutti i bambine e le bambine in gamba. Chi ha problemi seri non risponde.
99 su cento accade che il gruppo dei più svegli, senza precedente accordo, esce in coro con un "SI !!".
Il "no!" ha una probabilità statistica quasi inesistente (in ogni caso ho le battute pronte per rivoltarlo come un guanto a mio favore).
dunque "SI!!!"

"Bene! Quest'anno si vola; ... e si vola alto! Non voglio una classe che striscia! Saremo un team vincente, faremo insieme cose nuove e divertenti.... conoscere, imparare, crescere, capire.... voleremo più in alto delle classi di tutti i vostri amici e ci divertiremo."
.... "OK! Vediamo un po' queste ali! Apritele!.....
Ben distese, Così! Non bisogna mica avere paura di andare in alto!
.... Che alucce sono quelle lì ?? Distendile bene che devi navigare nel blu!!
... Tutti insieme ... determinati e coraggiosi!"

A questo punto spiego più precisamente che loro sono tutti piloti, ma che i mezzi che controllano non sono tutti identici... in classe ci sono caccia, aerei da acrobazia, intercettori, bombardieri, aerei da trasporto, ricognittori elicotteri ... e anche porterei, sommergibili, sottomarini e batiscafi. Chissà se la mia bambina che si orienta con il "sonar" ha capito che può pilotare anche lei insieme a tutta la squadra. Forse sì: grazie a Dio ha un quoziente d'intelligenza misurato superiore alla norma.
"Nel cielo o nel profondo del mare i voglio tutti al meglio.
Ognuno deve pilotare al massimo del suo ruolo!.... Dovete darmi il massimo di voi stessi. Potete farlo e diventerete uomini e donne integrali"

OK! Tirate pure giù!..... Adesso che ci siamo capiti, facciamo sentire a tutta la scuola che è arrivata la prima A!
Facciamo venire giù i muri, correre le bidelle e uscire la Preside a vedere che succede.
Si organizza un triplice URRÀ! da fare tremare i vetri.
(la porta della classe rimane SEMPRE aperta, è un segno e fa parte di una strategia... ma questa è un'altra questione educativa e psicologica).
Esplode il previsto triplice boato.
.....
A questo punto la classe ha sviluppato un livello di consapevolezza e di autostima che anni fa mi costava almeno due settimane di lavoro.

"bene! Ora voi sapete che i piloti hanno un modo tutto loro per navigare. Lo avete sentito usare nei film... È il sistema di orientamento a quadrante: - nemico a ore 3! - attento in coda ore 5! -"
Mi assicuro che tutti sappiano leggere con sicurezza gli orologi analogici a lancette. Li faccio divertire per un po' a usare le braccia distese per indicare le posizioni.
"questo sistema si impiega in molte situazioni in cui la tecnologia gioca un ruolo importante, serve per trovare un quadro comandi al buio o capire dove va un cavo o una tubazione..."

Dal momento che l'educazione tecnica si occupa del mondo del costruito li informo che tra i nostri obiettivi rientra la conoscenza e l'analisi di tutto quello che ci circonda e l'appropriazione di tecniche di ricerca e rilevamento. Le conoscenze possono essere acquisite anche utilizzando fonti di informazione scritta, ma che noi cercheremo, per quanto possibile di essere essenzialmente operativi e di "essere sempre sul campo".

In questa prima ora esploreremo il piano terreno della scuola. Sempre parlando spiego: "ora sposterò la cattedra contro il muro in modo da formare uno spazio davanti a voi..." cerco di non dimenticarmi che devo dire tutto quello che faccio, dove mi trovo e come mi muovo. Organizzo un trenino, insegnando che non si devono tenere per mano , ma che ognuno deve tenere il braccio di chi lo precede.

Usciamo in modo ordinato dalla classe, girando subito a destra, e percorriamo il corridoio. Sempre facendo rilevare la mia posizione li faccio camminare rasente al muro, spiegando i vari tipi di superficie che incontrano e facendoli toccare. Qui c'è una pittura plasticata lavabile (per evitare gli scarabocchi, ora c'è una grande colonna, ci giriamo intono... è rivestita da una vernice antincendio.... le porte delle classi... le contiamo... prima B, Seconda B.... Contiamo le colonne e faccio notare la loro distribuzione lungo il percorso...

Arriviamo alla scala antincendio... spiego la posizione degli estintori. Arrivati in fondo riprende l'analisi percettiva dell'altro lato del corridoio... i mattoni... le piastrelle... le porte dei bagni. Entrano ed esplorano con i loro corpi l'aula degli insegnati, gli armadi, le cassettiere... "annusiamo" tutto il piano e rientriamo in classe.
La prossima volta toccherà a parte del piano superiore con i laboratori. So già che dovrò fermarmi ai piedi della scala e descriverla esattamente...

La lezione è finita e la scuola anche, per questa mattina. Organizzo un'uscita ordinata. Il mio sottomarino ha una nave appoggio: un'altra bambina con cui è perfettamente in sintonia. Tutti escono e li saluto. Ora so che la mia lezione ha fatto centro: non ho ancora capito QUALE è la bambina che non mi vede.

14 novembre 2009

"Cose da negre" e cioccolatini

"Cose da negre", mi risponde Sheila, dall’ultimo banco in fondo alla classe.
Una battuta che non ammette repliche.
Così mi sono sentito un po’ fuori gioco. Intanto perché era evidente che erano cose da donne… e poi perché erano cose da negre e io sono proprio un estraneo: bianco e per giunta professore.

Avevo chiesto se c’era qualche problema: la vivace discussione con la compagna di banco mi aveva distratto dalla spiegazione.
Non so quanto i miei allievi si distraggano, ma so per certo che loro mi distraggono tantissimo, così mi interrompo spesso, perché i loro interessi sono molto più divertenti delle mie spiegazioni.
La vita si gusta con mille sapori oppure non è vita.
 Le parole possono essere pericolose per il modo e l’intenzione con cui sono dette, non per il loro significato.
Dunque io sono un bresciano. Ma il termine può diventare un epiteto adoperato in modo sgradevole in un contesto di conflitto, come può accadere nel confronto tra tifoserie.

Cinese, Filippino, Pakistano, Romeno… Sono parole che possono essere riempite di rispetto o disprezzo, a seconda della bocca da cui escono, del momento e del contesto in cui sono pronunciate.

Nella mia scuola, i miei colleghi ed io interveniamo ogni volta che si esprime volontà offensiva, considerando atto di bullismo ogni espressione di disprezzo, compreso i "culo" e i "lesbica".

La consuetudine alla fusione di razze, lingue, abbigliamento ed altre manifestazioni, non tutte necessariamente gradevoli, è tale che per ingiustificabili vergogne è sempre più ridotto.
Sì, sono Albanese …. e allora?
Così la soggezione lascia il posto all’orgoglio, che viene incoraggiato.
Nei corridoi si sente salutare con l’appellativo “fratello”, proprio come vediamo fare tra giovani di colore, ispanici e compagni di college… su MTV o nei film americani. A volte il fratello ha una pelle diversa e questo è il segno che stiamo lavorando bene nella nostra scuola.

Però la strada da fare è ancora lunga: offese, rifiuti ed insulti sono all’ordine del giorno. Lo sono normalmente tra ragazzi, ma quando il pretesto è l’odore o il colore, l’oltraggio diventa detestabile.



Così ho pensato di preparare una lezione sul cioccolato.
Il cioccolato è buono e lo facciamo venire qui da tutte le parti del mondo.
È dimostrato che l'assunzione di cioccolato stimola il rilascio di endorfine, in grado di aumentare il buon umore.


Tra le nazioni da cui viene importato il cacao più pregiato ci sono: Messico, Brasile, Colombia, Equador, Venezuela, Ghana, Camerun, Nigeria, Costa d'Avorio, Madagascar, Indonesia, Sri Lanka…
Sostanzialmente il cacao è un immigrato: viene qui per lavorare a fare il cioccolato ma nessuno si sogna di offenderlo per il colore che ha.
Cioccolato al latte, bianco, fondente, alle nocciole: sono sicuro che potrei trovare il cioccolatino giusto, esattamente con il medesimo colore di pelle, per ciascuno dei miei allievi ed allieve.

Non ho avuto il tempo per scovare tutte le razze di cioccolato che mi occorrevano, ma sono certo che esistono e che sono tutte straordinariamente gradevoli per il gusto e per l’olfatto.

Così come è il cacao a dare vita ai cioccolatini, il sangue di ciascuno può salvare persone che hanno la pelle di colore diverso.

Non mi risulta che nessuna tavoletta di cioccolato fondente abbia mai dato del “culo bianco” al cioccolatino al latte.


Le ragazze ed i ragazzi hanno capito perfettamente cosa volevo intendere.
Così abbiamo pensato che appena tornerà il caldo faremo una lezione sul gelato:
Alla fragola, al limone, al pistacchio, al cioccolato, albicocca, pesca, mirtillo, panna, nutella, vaniglia, malaga, liquirizia, cannella, lampone, yoghurt, castagna, ciliegia, caffè, banana, cocco, bacio, mora, malaga, frutti di bosco….
Un mondo sconfinato di dolcissimi gusti.

Che disgrazia sarebbe un mondo tutto dello stesso "gusto".

Grazie di esistere colori dell’universo, note della musica, sapori della terra, ragazzi e ragazze della nuova Italia.

12 novembre 2009

Tutti uguali, non tutto equivalente

La prima ora di scuola, all'inizio dell'anno scolastico, è quella che dedico, tra l'altro, alla spiegazione delle regole.
Non ci mettiamo in cerchio per stabilire insieme come ci si comporta.
Scuola maestra di vita: dunque è il professore che si assume la responsabilità di dare direttive e, se ci riesce, il necessario esempio.
Le regole sono tre e molto semplici: Rispetto, Rispetto, Rispetto.
All'attuazione di questa elementare ricetta faccio corrispondere la sufficienza.
Ogni altra prestazione scolastica incrementa la valutazione.
L'obiettivo finale è quello di "non dare nemmeno una sufficienza". Il che significa che in alcune classi sono tanto fortunato da partire dal sette in su.
Rispetto della vita, della persona, dell'ambiente e delle cose, del lavoro, dei sentimenti.
Per me è una questione che non dovrebbe nemmeno essere sottoposta a ipotesi alternative.
Sopra a tutto resta il rispetto per la vita umana.

Nessuno Stato che infligga la pena di morte per tortura dovrebbe poter essere considerato civile.
Se è vero che il rispetto è dovuto ad ogni persona, fatico ad ammettere che ogni civiltà sia equivalente.
Non credo proprio che sia un'usanza rispettabile quella di uccidere legalmente attraverso un'atroce tortura di una decina di minuti, durante i quali la vittima è cosciente, urla e sprizza sangue e parti di organi.
Non riesco ad immaginare che ci sia qualcosa di rispettabile in una civiltà in cui è accettabile, e persino ritenuto giusto, che i carnefici agiscano direttamente con mani e pietre per togliere lentamente la vita ad un'altra persona.
Quando poi questa vittima è una mamma-bambina, mi risulta perfino intollerabile il pensiero.
Non è invece prevista la lapidazione del neonato figlio della colpa. Grande segno di civiltà eh?

L'amica Renata (remucci.blogspot.com) mi ha fatto riflettere sull'enormità di questi tragici fatti reali. Il suo post le è costato non poca sofferenza: non è semplice trovare la forza per scrivere parole che grondano di sangue ed urlano dolore.

07 novembre 2009

"700.000 iscritti per licenziare la gelmini" : gruppo FaceBook

FaceBook aggiorna continuamente le informazioni sulle attività degli amici virtuali.
Così mi accorgo che molti dei miei giovanissimi allievi si sono iscritti al gruppo FaceBook "700.000 iscritti per licenziare la gelmini".

Osservo con dispiacere che nei commenti non mancano ingiustificabili offese di cattivo gusto. Dissento. Dissento con forza. Esprimo tutta la mia dissenteria ;-) :-)

700.000 iscritti?
Ma è un'enormità! ... poi quasi tutti studenti e studentesse! Incredibile.
Poi guardo meglio: Settecentomila è il numero "target" che si propone come obiettivo.
... però... però.... Al momento in cui scrivo sono 212.859 membri!!!
Ogni minuto le iscrizioni crescono ed il fenomeno esplode.
Qui non è tecnicamente possibile iscriversi più volte.
Una enormità!

L'anno scolastico 2009-2010 è ancora lontano dalla chiusura ma qui già si impone l'urgenza degli esami.

Si apra un bell' ESAME DI COSCIENZA per tutti.

Il ministro Maria Stella Gelmini dia l'esempio!

04 novembre 2009

Crocifisso educativo


Premetto che mi dichiaro credente cristiano.

Pensatela come volete, ma sento il bisogno di dire come vedo la faccenda del Crocifisso nelle scuole.

Il mio amico Don Fabio dice che il Crocifisso, chi ci crede, deve portarlo nel cuore e che non è importante che ci si premuri di appenderlo in giro ad ogni occasione.

Se non sta al primo posto nel cuore, è inutile esibirlo altrove.


Il fatto è che sono convito del valore educativo del Crocifisso nelle aule scolastiche.


Serve per fare capire ad allievi ed allieve che fine fa chi vive integralmente l'amore per gli altri.

Metterci l'immagine di chi raccoglie universale approvazione e successo sarebbe sicuramente più gradevole (un calciatore, un cantante o una persona potente, bella e ricca) ma credo che risulterebbe meno costruttivo.



Siamo tutti sicuri che un Crocifisso sia un simbolo religioso?
Io credo che sia un simbolo educativo.
Certo che da' fastidio vedere raffigurato qualcuno morto sotto tortura per avere dato fastidio ai potenti!

Meglio non dire nulla, insegnare che non bisogna dare fastidio a nessuno, che è meglio tacere e non esprimersi, obbedire e non esporsi.
o no?

Poi valuteremo se è opportuno bruciare libri affinché gli analfabeti non si offendano.

Infine potremmo incominciare a vergognarci di esporre un'inutile segno di identità e libertà come la bandiera e sentici disonorati nel dichiarare idee di fratellanza, solidarietà, rispetto, pari valore di ogni uomo e donna...
... per adeguarci a chi la pensa diversamente.

03 novembre 2009

Iniziata la corsa all'omologazione

L'impressione che mi sono fatto è che le scuole superiori, per istinto di sopravvivenza, abbiano iniziato una folle competizione verso l'assorbimento totalizzante di qualsiasi opportunità di formazione definibile e disponibile.

Obiettivo dichiarato dei recenti interventi normativi era quello di ricondurre 396 indirizzi sperimentali, 51 progetti assistiti dal Miur ed un numero enorme di sperimentazioni... a soli 6 indirizzi di studio liceale.

Cosa sta accadendo in realtà?

Ormai molti anni fa c'erano scuole ben identificabili nell'immaginario collettivo: diplomavano geometri, ragionieri, periti, maestri... e la gente sapeva o credeva di sapere COSA erano queste figure.
Poi ogni istituto allargò e differenziò la propria offerta formativa a dismisura, nel tentativo di raccogliere iscrizioni. Questo grazie all'idea che si affermava di "scuola azienda" e di servizio inteso esattamente come prodotto commerciale da vendere in competizione sul mercato scolastico. Non per nulla si parla di "offerta formativa"!

Oggi mi sembra che tutto sia stato ridotto ad una scuola superiore che rinvia ulteriormente le scelte professionali, accontentandosi di contenuti culturali piuttosto indifferenziati, almeno fino al triennio di specializzazione... mantenendo sullo sfondo la necessità di una indispensabile prosecuzione ed approfondimento universitario... poi di specializzazione e master... poi di stage e praticantato ... fino allo sfruttamento del precariato. Tanto di lavoro non ce n'è!

Così gli istituti scolastici che si sentono tagliare l'erba sotto ai piedi, con la conseguente riduzione di fondi e personale, stanno pensando di recuperare "quote di mercato scolastico" rimediando nuovi indirizzi e nuovi corsi.
Così una scuola per geometri o con altro specifico e tradizionale indirizzo (un tempo storico patrimonio di quell'istituto) aspira a divenire SCUOLA SUPERIORE DI TUTTO.

Invece di ridurre e semplificare gli indirizzi si sta forse correndo verso un marasma in cui le identità confluiscono, confondendosi al ribasso verso una sorta di minimo comune multiplo della cultura e della competenza.

Nuovi licei, nuovi istituti tecnici, nuovi corsi professionali... ma tutti simili, tutti omologati, tutti nel medesimo edificio scolastico.

Tanto di lavoro non ce n'è ed in qualche modo questi giovani bisogna pure tenerli occupati. O no?