29 agosto 2008

La strage degli innocenti (zucconi)

Premesso che sono personalmente favorevole alla valutazione espressa con un punteggio cioè in voti o con lettere, come avviane in molte nazioni...
Mi domando come sia stato possibile che quello che definirei sostanzialmente un "colpo di mano" abbia fatto in un giorno piazza pulita di un sistema di valutazione nato da decenni di dibattiti.
Ai giudizi finora in adozione si era giunti attraverso pubblicazioni, conferenze, studi, indagini statistiche, analisi sociologiche, sperimentazioni... Docenti ed esperti avevano maturato la convinzione che il giudizio analitico, sintetico oppure esteso, era una scelta valida e produttiva.

La politica ha preferito decidere sui due piedi per un ritorno ai voti.
Non biasimo la Gelmini.
Il tempo potrebbe dimostrare che il ritorno ai voti è stata una decisione felice.

Le perplessità sorgono dalla modalità adottata che ha scavalcato con disinvoltura un sistema di consulenza e condivisione che la produzione della cultura dovrebbe presupporre.

Anche il conclamato ritorno a "I Promessi Sposi" mi sembra decisamente avventato.
Amo questo libro, insieme alla Bibbia è quello che ho riletto più volte nel corso della vita.
Il problema è che non è scritto nella lingua che usiamo oggi.
Per gli adolescenti deve essere letteralmente "tradotto" perché non posseggono più il tipo di competenze linguistiche e la padronanza della terminologia che caratterizzavano il sapere letterario di un tempo.

Nelle mie classi colorate sono costretto a tradurre passo passo anche un semplice testo scolastico contemporaneo.
Se io chiedo «Chi sa cosa significa la parola CONTEMPORANEO?» so che vedrò non più di tre o quattro mani alzate.
In realtà non potrei nemmeno formulare la domanda in questa forma perché il verbo "significare" risulterebbe sconosciuto ai più.... dovrei invece domandare "Chi sa cosa vuol dire....?".

Non sono entusiasta di constatare che la politica assume, in modo estemporaneo ed autonomo, decisioni cruciali su come si debba fare scuola.

Ma torniamo ai voti...
La bozza del decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 28 agosto 2008 recita, all'articolo 2bis, comma 3:
"Sono ammessi alla classe successiva ovvero all’esame di Stato a conclusione del ciclo gli studenti che abbiano ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline."

Trent'anni fa valutavo in voti.
Alla fine dell'anno il Consiglio di Classe si riuniva per decidere sulla promozione.
Ogni docente esprimeva un voto.
Ricordo furiosi confronti e reazioni risentite per il fatto che il mio voto contava come quello di LETTERE + STORIA + GEOGRAFIA.
Fatto sta che la promozione o la bocciatura venivano deliberate nella scuola media (ora prolissamente denominata scuola secondaria di primo grado), allora come adesso, a maggioranza.
In questo modo riuscivano a salvarsi gli zucconi che avevano il buon senso di impegnarsi strategicamente almeno nella maggioranza delle materie... che generalmente non risultavano nemmeno tra le più impegnative.

Osservo ora che la bozza di decreto legge non costituisce un semplice ritorno al passato.
Qui si stabilisce, né più, né meno, senza neanche il beneficio del salvagente offerto dagli esami di recupero a settembre... che per essere promossi ci vuole " un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina".

Se le parole hanno un valore, ne consegue l'automatica bocciatura per chi avrà anche una sola insufficienza.

L'esperienza mi dice che gli allievi sufficienti in TUTTE le materie a fine anno sono forse uno o due su dieci.

"... perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Luca 23,1-49)

28 agosto 2008

Il Timoniere della scuola italiana

"Forse... l'è 'na buna s'cèta! Però... faga fà el ministro....... l'è en po' prest"
... come dice la mia amica Remucci.
Sono assolutamente sincero.
Stimo la Gelmini come professionista della politica e come persona.
Il problema è che si trova investita di responsabilità che forse richiedevano un profilo diverso.
Dubito molto che esistano oggi personalità in grado di tenere il timone della scuola italiana con l'autorità e la competenza che sarebbero tanto necessarie.
Casati è morto, Le Sorelle Agazzi sono morte, La Montessori è morta, Gentile è morto, Don Milani è morto... e anch'io mi sento poco bene.
:-) ;-)

I Bei Tempi Andati possono tornare?

A me sta bene tutto, mi piacciono le sfide.
Fine corsa per "buono", "sufficiente" e "distinto": si torna ai voti.
Pienamente ripristinato il valore del voto in condotta.
Mi sta bene anche il grembiule nero.
Anche per i docenti, come ai bei tempi andati.
Non vedo l'ora di indossare anch'io un grembiule nero, come facevano i miei insegnanti di officina all'istituto tecnico.
Finalmente si salveranno i pantaloni, così spesso strappati dalle sedie sgangherate che non si riescono a sostituire perché le risorse se ne vanno negli stipendi agli insegnanti.

Però le cose si fanno bene fino in fondo, oppure è la solita burletta all'italiana.

Rivoglio il calamaio con l'inchiostro infilato nell'apposito buco del banco!
Calligrafia e pennini a forma di dito (non necessariamente l'indice) e torre Eiffel, perdiana!
Rivoglio i miei giorni spensierati del passato, tutti interi, senza accomodamenti approssimativi.
Rivoglio il bidello che passava tutte le mattine a rabboccare i calamai.

Che senso avrebbe altrimenti tornare al grembiule nero, se non per ripristinare l'antico sport del lancio di palline di carta inzuppate d'inchiostro?
Quelli erano tempi! Promessi sposi, rosa, rosae....
... e sani scappellotti del professore.

Ministro Gelmini! Si è dimenticata gli scappellotti!
Come è stato possibile?

"... el ga daghes pör quàch scopasù, quànt èl sa la mèrita"
Ecco come le mamme bresciane (Lei mi può ben capire, ministro!) invitavano me, tenero docente alle prime supplenze, ad una efficace opera di collaborazione educativa con la famiglia.

22 agosto 2008

Premiare il merito e valorizzare la mediocrità eccellente

Dio ci scampi dai meritevoli!
Chi è il primo della classe?
Generalmente non la persona più brillante, creativa, produttiva.
I generali, i primari, i dirigenti ... troppo spesso hanno un'idea di merito legata alla pedestre esecuzione delle consegne, associata all'assenza di ogni critica ed al permanere di una salda condizione di quiete.
Chi obbedisce senza creare problemi ha buone probabilità di essere percepito dal superiore come "meritevole".
È questo ciò che vogliamo per la nostra scuola?

Premiare il merito.
Questa è la magica affermazione che dilaga con successo in tutti i campi.
Nella scuola se ne promette l' applicazione su entrambe i lati della cattedra: per i docenti e per i discenti.

Eppure, quanto il virus del premio ai meritevoli ha iniziato a diffondersi, tutti ci siamo ingenuamente rallegrati.
Cavolo! Finalmente il giusto riconoscimento del mio impegno!
Sono certo che anche gli inveterati scansafatiche avranno sinceramente gioito.
Non ho mai conosciuto un autentico lazzarone in grado di riconoscersi come tale.
Solitamente sono proprio i più pigri a ritenere di ammazzarsi dal lavoro.
Dunque siamo tutti, soggettivamente, meritevoli.

Eccoci pertanto tutti d'accordo sull'opportunità di premiare i meritevoli.
Sul vassoio dei media ci viene offerto un invitante dolcetto che temo risulterà pericolosamente avvelenato.
Temo che il premio ai meritevoli si rivelerà esclusivamente ciò che già appare: un trucco escogitato per risparmiare.
In realtà non si tratta semplicemente di premiare i meritevoli: chissà quante risorse occorrerebbero realmente per premiare secondo il giusto! Basterà premiare solo pochi eletti.
Si tratta pertanto di incoraggiare la competizione.
Curioso!
Io, come insegnante, mi occupo ESATTAMENTE DEL CONTRARIO.
A fondamento del lavoro educativo sta la valorizzazione della solidarietà.
Questo ho imparato ed è ciò che credo fermamente.
All'allievo ricco di doti intellettuali e sociali, capace di rilevanti prestazioni scolastiche, ripeto la frase che ascoltavo in casa: "hai fatto metà del tuo dovere".
All'allievo debole ed insicuro riservo invece i migliori apprezzamenti.

Il professor Chiesa fa differenze.
Quando ascolto questa affermazione sorrido di soddisfazione.
Non c'è musica senza l'arcobaleno delle note.
Sì. Ognuno è diverso. Ciascuno avrà la sua valutazione.
Viva la valorizzazione delle differenze!

Non ho nessuna intenzione di tracciare una riga in fondo al percorso per premiare il primo che arriva.
Non alzerò l'asticella fino al punto in cui è uno solo a superare l'ostacolo.

Il premio sta nel salto. La vittoria sta nella corsa.

L'obbiettivo del mio lavoro non è quello di appuntare medaglie ma quello di crescere uomini e donne integrali, valorizzando il massimo di ogni individualità.

Il successo politico di quello che personalmente ritengo un cancro sociale, cioè l'aziendalizzazione e spesso la completa privatizzazione delle risorse strategiche della nazione, comporta l'emergere dell'idea che ogni prestazione sia condizionata ed incentivabile da una remunerazione.
Personalmente, considero questo concetto pericolosamente errato.

Mi sembra di avere capito che i più intransigenti sostenitori della tutela più estensiva del copyright affermano che l'arte morirebbe senza gli automatismi di corrispettivo economico previsti della SIAE.
Non sono d'accordo. Un poeta continua a scrivere versi anche quando gli tolgono la penna.
L'arte e la cultura non si soffocano nemmeno con la violenza più cruda e con l'oppressione più insolente.
Certamente l'assenza di preoccupazioni economiche rende le cose meno complicate per l'artista.
È però anche vero che spesso denaro e successo intossicano la creazione.
Resto comunque convinto che i più grandi capolavori dell'umanità non siano nati sotto la sollecitazione di un compenso materiale.

Per quanto mi riguarda come insegnante, ritengo mio imperativo morale dare il massimo.
Quando faccio un'ora di supplenza non lavoro peggio o meglio perché sono pagato di meno oppure di più.
Immagino che altrettanto avvenga per un giudice, un infermiere, un poliziotto...
Si rende forse più giustizia, cura più scrupolosa, sicurezza più attenta... perché la paga è più alta?

Si può forse incentivare una prestazione quantitativa, misurabile in sacchi di patate scaricati da un vagone o in camicie lavate e stirate.
Con gli esseri umani è diverso.
Remunerare un docente per le ore di insegnamento è semplice.
Pagarlo per come ha insegnato o peggio, per quanto gli allievi hanno appreso, è forse assurdo.

Premiare il presunto merito del singolo docente (uno solo tra i molti), grazie alle prevedibili invidie, porterà agevolmente alla distruzione di quella rete di impegno didattico solidale che permette ancora ad un team di docenti di adoperarsi uniti per realizzare un presepe nell'atrio dell'istituto oppure una recita scolastica di fine anno.

Il potere di acquisto reale di molte categorie di lavoratori si è consistentemente ridotto nel corso di questi anni a causa dell'inflazione reale.
Si può affermare che tutti questi salariati abbiano progressivamente ridotto la qualità della loro prestazione in modo corrispondente?
Dunque mi sento veramente offeso da chi offre presunti premi di merito per premiare intensificazioni che non possono sussistere per definizione.

L'efficacia ed il valore del lavoro prestato in favore della persona restano a mio parere incommensurabili perché tale genere di attività costituisce una forma d'arte.
Si possono stabilire parametri per quantificare l'azione sul corpo o sull'animo umano?
Io non credo.

Se invece si vorrà scegliere di assumere come metro la valutazione integrata di dirigente scolastico, famiglie ed allievi.... non credo proprio che a raccoglierne i frutti saranno i migliori insegnanti in senso assoluto.
A goderne saranno forse i furbi opportunisti che, prescindendo da ogni risultato scolastico oggettivo, riusciranno a farsi benvolere dal dirigente, amare dai genitori e adorare dagli allievi :-) ;-)

11 agosto 2008

Ormai è chiaro, come più volte ho scritto (forum di http://www.leonessa.net/educazione_tecnica-tecnologia/) che l'EDUCAZIONE TECNICA nella scuola media è spacciata: fino alla prossima riforma la questione è chiusa...
Amenoché... amenoché la Gelmini non tiri fuori dal cappello a cilindro la famosa area tecnologico-scientifica, creando una nuova disciplina operativa che unisca ore cattedra prese tra tecnologia e scienze.
I pedagogisti concordano sulla necessità di una scuola maggiormente orientata al fare ed allo sperimentare. Se questo è l'obiettivo che si intende perseguire, il sapere tecnologico e scientifico, integrato in una nuova forma disciplinare, potrebbe dimostrarsi motore del rinnovamento della scuola italiana.
La scelta che la politica scolastica è chiamata a fare è tra le nuove sfide della formazione di base, fondate sulla sperimentazione laboratoriale e sul piacere dell'apprendere... ed il ripiegamento sul riduttivo "leggere, scrive e fare di conto".

La realtà delle decisioni assunte (Decreto 112) potrebbe comunque essere sintetizzata nel motto "MENO SCUOLA PER TUTTI": meno insegnanti, meno ore scuola, meno specializzazioni...

Se sarò posto nella condizione di avere meno spazio per promuovere la cultura nella scuola (la riforma mi assegna due ore per ogni classe alla settimana, invece delle tre della mia disciplina) mi "vendicherò" accrescendo la produzione culturale extrascolastica... :-) ;-) :->

A titolo di anticipo ed esempio, ecco tre minivideo che ho appena sfornato:

Il Cammino di Santa Giulia lungo la via dei Longobardi

http://it.youtube.com/watch?v=Ah0MheWRMek




Bastone del pellegrino in cammino: il bordone

http://it.youtube.com/watch?v=77a0Wz5Psqs




L'antico capitello del monastero di Santa Giulia in Brescia

http://it.youtube.com/watch?v=Jok5_HkigVE