18 dicembre 2007

Le lenti magiche di un sogno in attesa del Natale

 

Ho sognato Babbo Natale!

Stava caricando sulla slitta grossi sacchi di juta ma, prima di incitare le sue renne, mi ha sussurrato: «Vado di fretta, questa notte esaudirò il tuo desiderio: porto all'umanità le magiche lenti a contatto che consentiranno a tutti di rivedere il tuo mondo nell’arco delle stagioni. Contenta? Però, sappi che la magia durerà soltanto poche ore».

Nel sogno, mi sentivo stranamente felice. Pensavo ai vecchi cortili, alla vita nei piccoli centri e alle magiche lenti che mostravano grandi e piccini mentre nelle calde sere estive portavano la seggiola fuori dalla porta di casa per sedersi e fare due chiacchiere col nonno di turno godendosi, senza fretta, il calar della sera.

Con le magiche lenti si sarebbero accostati a ruscelli limpidissimi con acqua pura, freschissima. Avrebbero sentito uomini fischiettare per strada, a piedi o in bicicletta, mentre le donne accudivano i loro bimbi e sfaccendavano in casa.
In quell'affresco, scolari diligenti svolgevano i compiti sullo stesso tavolo sul quale la mamma stirava o stendeva, a colpi di mattarello, la pasta per le tagliatelle.
Le notti erano tranquille e tutti si coricavano relativamente presto. «Quando viene il buio non c'è più niente di bello da vedere! ...tutti a nanna!» ripetevano le mamme ai loro figli mentre recitavano le preghiere della sera e al mattino, le finestre restavano spalancate a lungo per far entrare l’aria buona.
I piaceri erano semplici.

Essere onesti e di parola, valeva più del denaro e nessuno pensava di ottenere tutto, ad ogni costo mentre veniva insegnato che «fare il passo più lungo della gamba» era disdicevole. Il parto della cavallina o della capretta aveva nelle campagne, numerosi piccoli spettatori e l'educazione sessuale veniva recepita con la semplice osservazione.

Quando ci si avvicinava ad una cascina si sentiva l'acre odore delle stalle e i bimbi a scuola avevano un grembiule nero, uguale per tutti.
La stima conquistata, come una buona reputazione, era medaglia da esibire con orgoglio. Imparare l’arte, anche solo per metterla da parte, era quasi normale. Chi poteva mandare i figli al mare, in colonia, faceva strane raccomandazioni «Se ti graffi un piedino, mettilo nell’acqua del mare. Guarirà».

Il tempo è scaduto, le magiche lenti hanno perso il loro potere e mi sono risvegliata.
Ad occhi aperti, ho dovuto ammettere che l'idilliaco panorama presentava molte zone oscure. C'era per tutti tanta fatica e poco confort. Le case erano gelide, la miseria era per tutti e la ricchezza per pochi. Ho pensato con gratitudine agli elettrodomestici, al riscaldamento, all'acqua che scorre dai rubinetti, alle automobili, alla luce elettrica, ma riconosco di essere incontentabile.

Vorrei, infatti, poter considerare ancora l'acqua del mare come un naturale disinfettante. Vorrei che tutti gli sforzi dell'ingegno e delle risorse economiche fossero impiegati per ostacolare il deterioramento. Vorrei, tangibile, l'impegno di coloro che hanno il potere di intervenire.

E, soprattutto, vorrei evitare di chiedere in futuro a Babbo Natale: «Porta in regalo a noi e ai nostri figli un po' d'aria buona, pulita, respirabile!».
Vorrei troppo. Lo so. Ma è Natale!

- RENATA MUCCI - Brescia -

1 commento:

Renata ha detto...

Mi hai commossa. Grazie Prof.